Scrivo questo articolo spinto da una sollecitazione sincera e significativa ricevuta da Ettore Bonalberti, amico e interlocutore attento, di ALEF (l’Associazione dei Liberi E Forti) che mi ha chiesto un contributo di pensiero sulle prospettive del nostro Paese nel contesto dell’Unione Europea.
È una richiesta che non può lasciare indifferenti, soprattutto per chi – come me – crede profondamente nella politica come impegno civile, come responsabilità verso il presente ma anche verso le generazioni future.
Rispondere a questa domanda significa interrogarsi su chi siamo oggi come nazione, su dove vogliamo andare, e sul tipo di Europa che vogliamo costruire.
Con queste riflessioni, desidero dunque offrire un punto di vista schietto, sentito e partecipe, con l’ambizione di contribuire a un dibattito che riguarda non solo i “palazzi”, ma soprattutto le persone, i territori, le comunità che ogni giorno costruiscono il futuro d’Italia dentro – e con – l’Europa.
Viviamo in un mondo segnato da conflitti drammatici – dalla guerra russo-ucraina alla storica tensione israelo-palestinese, dalle conseguenze irrisolte della “primavera araba” nel Nord Africa, fino all’instabilità diffusa in Medio Oriente. Guerre non così lontane da noi. A queste si sommano crisi cicliche che hanno inciso profondamente su ogni famiglia e su ogni impresa: pensiamo all’11 settembre, al collasso della Lehman Brothers, alla pandemia da Covid-19.
In questo contesto, l’Unione Europea ha troppo spesso mostrato un grave deficit di rappresentanza politica e di identità comune. Il progetto originario si è frantumato sotto la spinta di divisioni interne, alimentate da egoismi nazionali, visioni settarie e da un eccesso di protagonismi tra ambientalisti, sovranisti, populisti e tecnocrati. Il risultato? Governi che parlano lingue diverse, smarrendo il senso di un cammino comune.
I nostri padri fondatori – De Gasperi, Adenauer e Schuman – immaginavano tutt’altra Europa. Un’Europa più giusta, più unita, più solidale. Parlano una lingua comune, forse perché erano tre cattolici, forse perché da uomini di frontiera conoscevano il tedesco, forse perché avevano tutti subito la violenza delle dittature del secolo scorso. Ma soprattutto parlavano la lingua della politica alta, quella degli statisti.
Oggi non basta più guardare al passato con nostalgia. Occorre guardare avanti con responsabilità. L’Europa deve tornare a essere una rete vera: serve una politica estera comune, una difesa condivisa, regole chiare sull’immigrazione, una strategia economica unificata. Perché l’Europa dei 500 milioni di cittadini deve saper competere e dialogare alla pari con giganti demografici ed economici come Cina, India, Stati Uniti, Pakistan, Indonesia.
Questa è la sfida che ci attende. E questa è la politica che, con spirito popolare e responsabilità istituzionale, vogliamo portare avanti, perché crediamo ancora nel sogno europeo, quello autentico, fondato sulla pace, sul lavoro, sulla libertà e sulla dignità delle persone. E aggiungo laico ma non laicista e liberale e non liberista.
Con amicizia e stima,
Beniamino Boscolo
Chioggia, 2 agosto 2025
Tutti gli interventi su: https://alefpopolaritaliani.it/2025/08/02/interventi-nel-dibattito-sullunione-europea/