Luca Antonini a Chioggia

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In un tempo in cui il diritto alla salute rischia di ridursi a enunciazione di principio, a Chioggia si è svolto un incontro dal forte valore politico e istituzionale. “Pensare la sanità”, questo il titolo dell’iniziativa, ha rappresentato un momento di confronto di alto profilo, grazie alla presenza del Prof. Luca Antonini – giudice della Corte costituzionale e studioso di diritto pubblico – e di Iles Braghetto, già assessore alla sanità del Veneto negli anni ’90, protagonista di una stagione riformista importante per la sanità regionale.

Al centro del dibattito, il ruolo della sussidiarietà – principio cardine della nostra Carta costituzionale – come leva per ripensare l’organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) in un’ottica di maggiore equità, efficienza e prossimità.

Negli ultimi anni, la Corte costituzionale ha più volte delineato i confini tra competenza statale e regionale in materia di tutela della salute, intervenendo in un contesto segnato da tensioni tra spinte centralizzatrici e richieste di maggiore autonomia territoriale. È emersa con chiarezza l’esigenza di preservare l’unitarietà dei diritti fondamentali, tra cui appunto il diritto alla salute (art. 32 Cost.), senza però negare la legittimità di percorsi differenziati – a patto che non compromettano l’uniformità delle prestazioni essenziali.

In particolare, la Corte ha ribadito che le Regioni possono innovare nella gestione e nell’organizzazione dei servizi sanitari, ma nel rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e del principio di eguaglianza sostanziale (art. 3, comma 2, Cost.). È in questo quadro che si innesta il dibattito sull’autonomia differenziata, tema su cui Antonini ha fornito una lettura tecnica ma anche orientata a una riforma responsabile, capace di superare tanto il centralismo inefficiente quanto derive localistiche disgreganti.

Il Veneto rappresenta da tempo un esempio emblematico di gestione sanitaria regionale improntata a criteri di efficienza, innovazione e controllo della spesa. L’esperienza degli anni Novanta, ricordata da Braghetto, vide l’introduzione di modelli organizzativi fondati su una logica manageriale avanzata, un uso ponderato delle risorse e una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato. Un modello che ha anticipato molti degli orientamenti oggi richiesti per la sostenibilità del sistema. Ma ora?

Tuttavia, anche in Veneto si avverte la necessità di un rilancio, di una riflessione più profonda che tenga conto delle nuove sfide poste dall’invecchiamento della popolazione, dalla carenza di personale sanitario, dalle difficoltà dei territori periferici. È qui che la sussidiarietà “circolare” può essere principio operativo: significa valorizzare le comunità locali, il terzo settore, le esperienze civiche e professionali che si sviluppano sul territorio, senza deresponsabilizzare lo Stato centrale.

Il messaggio forte emerso dall’incontro è che il diritto alla salute non può essere lasciato all’improvvisazione o alla sola logica emergenziale. Occorre riportare questo tema al centro del dibattito politico e culturale del Paese, con un approccio sistemico e strutturale. La salute non è solo un “servizio”, ma una condizione di cittadinanza piena, e come tale richiede politiche pubbliche capaci di tenere insieme universalismo e prossimità, sostenibilità finanziaria e personalizzazione dell’assistenza.

Non si tratta di scegliere tra pubblico e privato, ma di trovare un equilibrio dinamico in cui entrambi gli attori possano concorrere – nel rispetto delle regole e della missione pubblica – a realizzare un sistema sanitario più giusto, accessibile e umano.

“Pensare la sanità” significa dunque tornare a concepirla come architrave dello Stato sociale, e non solo come voce di bilancio da contenere. Significa riflettere seriamente sul federalismo come strumento di responsabilizzazione e di innovazione, non come leva per alimentare disparità. Significa, infine, interrogarsi sul senso della sussidiarietà: non un alibi per lo smantellamento, ma un’opportunità per costruire insieme – istituzioni, professionisti, cittadini – un modello che metta al centro la persona e la sua dignità.

Nel momento in cui si discute di riforme costituzionali, autonomia differenziata e nuovi modelli di governance, iniziative come questa rappresentano un fondamentale esercizio di democrazia sostanziale. Perché la salute, come ci ricorda la nostra Costituzione, è un diritto di tutti e un dovere della Repubblica.

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